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La storia del calciatore Andrea Seno

Dalla serie A con Inter e Milan alla biscotteria di famiglia.

La nuova vita del biondo centrocampista

Dal calcio ai biscotti, passando per le emozioni di San Siro con l’Inter alle sigarette di Zeman. Andrea Seno di banale non ha proprio nulla, in una carriera fatta di grandi gioie ma anche di dolori, come i tanti infortuni o i fallimenti vissuti a Venezia. Prima di appendere le scarpe al chiodo, ha lanciato, con la moglie, la Biscotteria Veneziana Carmelino Palmisano, partendo dalla sua Burano e portandola a Jesolo dove vive da anni con la famiglia.

Parlando di calcio, tutto è iniziato a Mira in C/2.
«Abitando a Burano, ed essendo molto giovane, andavo a scuola a Mestre, mi allenavo a Mira e a volte restavo in Riviera a dormire, non riuscendo a tornare a casa».

Poi la prima delle due esperienze a Padova.
«Fu il grande Scantamburlo a volermi lì. Un scopritore di talenti unico, se pensiamo a Del Piero, Baggio o De Franceschi. Facevo giovanili e prima squadra in B con Di Marzio. Una esperienza fondamentale per la crescita come uomo e giocatore accanto a gente come Cerilli, Da Re, Boito o Sorbello».

Il sogno del Venezia si concretizza quattro anni dopo.
«Mi contattò Marotta l’anno prima della fusione. In febbraio mi mise ko un infortunio nel contrasto con Rambaudi contro il Pavia. Con la fusione, arrivando da un infortunio, fui messo da parte e mi trovai a inventarmi la riabilitazione da solo a casa poi arrivo la grande delusione con l’arrivo degli americani. Mi proposi di restare, allenando i Giovanissimi, ma mi risposero che forse non ero all’altezza, e che non sapevano cosa avrei potuto dare. Umanamente ci rimasi molto male».

La rinascita a Treviso.
«Fu tutto casuale mentre avevo già messo in piedi l’attività dei biscotti. Stavo svolgendo il servizio militare a Viterbo con i Vam dell’Aeronautica militare. Firmando con il Treviso passai alla Compagnia atleti di Bologna. Fu la mia fortuna quel contratto. Il primo anno la società era un po’ ballerina, ma quello dopo arrivò Guidolin in panchina e feci otto gol da centrocampista. Poi andai a Como come svincolato, dove ritrovai per l’ennesima volta Marotta».

Bersellini e Frosio in panchina e uno spareggio perso contro il Venezia.
«I due allenatori rimarranno nella mia mente, come i forti compagni di squadra dell’epoca. Se penso che avevamo cinque punti di vantaggio e andammo allo spareggio. Però ricordo anche che a Venezia già festeggiavano dopo il Pavia, mentre noi eravamo sul 2-2 contro il Fano di Hubner, Mainardi e Guidolin. Feci il gol vittoria su punizione al 92’. Sapeva un po’ di vendetta».

Foggia, tappa speciale.
«La scommessa di Zeman, Pavone e Casillo, giocando con quasi solo giocatori provenienti dalla C. Esordio con il Milan a San Siro, si perde 1-0 su autogol a 10’ dalla fine. Ci salvammo senza problemi, mentre l’anno dopo con Stroppa, Kolivanov e Roy per poco non andammo in Coppa Uefa».
Com’era Zemanlandia?
«Zeman è una persona di grande intelligenza, ma negli anni ha pagato paradossalmente la sua coerenza, non cambiando il gioco. Non sempre se arrivi primo sulla palla, la giochi prima. Noi eravamo pronti a buttarci da una montagna per lui, mentre i campioni in piazze importanti la pensano diversamente. Con l’ironia ci spiazzava tutti però».

Come lo vivevate?
«Era un grande giocatore di carte, dappertutto e in pullman in trasferta. Gli unici ammessi al tavolo con lui e Pavone eravamo io e Di Biagio. Ci si fermava solo quando doveva fumare. Diceva: è ora».
Su di lui mette gli occhi l’Inter che lo porta alla Pinetina nell’estate del ’94. Sulla panchina nerazzurra c’è Ottavio Bianchi che ne sfrutta spesso la sua versatilità in mediana. Non è, non sarà, una grande Inter in quegli anni ma Seno si toglierà lo stesso qualche bella soddisfazione. Milan sua vittima preferita. È il 15 Aprile 1995 quando con un bel colpo di testa Andrea sblocca il derby di Pasqua che vedrà l’Inter battere il Milan 3-1. “Quel gol sbloccò la gara – ha raccontato recentemente Seno a gianlucadimarzio.com – Di quel giorno ricordo specialmente il gran male. Il mio ginocchio era gonfissimo perché avevo il menisco rotto. Ma mi chiesero comunque di giocare. Come potevo dire di no a una partita del genere?”.

Poi Bologna, Padova e il ritiro a 32 anni.
«Troppi infortuni, decisi così e fine».

Ci sono storie con il lieto fine. Altre come quella di Andrea Seno che hanno un “dolce” finale. Uno dei tanti giocatori della classe operaia che hanno saputo guadagnarsi un pezzo di paradiso, arrivando a giocare nell’Inter, nel suo caso. E che dopo la fine della sua carriera in campo, ha saputo reinventarsi, e alla grande, fuori.

di Giampaolo Zorzo